Sono sempre rimasto colpito da quello che è uno dei pensieri base che hanno contraddistinto la vita di Aldina: “Se c’è una situazione che il Signore ci chiede di affrontare è giusto farcene carico; la Provvidenza ci aiuterà”. Ed è ciò che in effetti è successo a me e Monica con la nascita del gruppo famiglia di Pescherie Vecchie. Io stavo svolgendo il servizio civile da alcuni mesi (era il 1982) diviso fra il Ponte, il gruppo di Saragozza e Sottocastello. Per condividere un po’ ciò che stavo vivendo Monica decise di venire a trascorrere un turno a Sottocastello e qui ci convincemmo che sarebbe stato possibile ampliare questa esperienza in modo da far sì che il mio anno di servizio civile diventasse un periodo di volontariato vissuto a livello familiare. In breve tempo maturò perciò in noi l’idea di anticipare il nostro matrimonio, che avevamo previsto per la fine del periodo di servizio civile e mettere a disposizione la nostra famiglia nascente per affrontare insieme qualcuno dei tanti problemi che ogni giorno si presentavano a CSC. Quando alla fine dei turni di Sottocastello ci recammo dall’Aldina a proporci come famiglia, ci disse che capitavamo proprio a proposito. Aveva infatti appena ricevuto una richiesta perché due dei nostri ragazzi, Bruno e Vincenzo, per motivi diversi, trovassero una sistemazione indipendente rispetto alle loro famiglie. Non ne sono sicuro, ma probabilmente fu proprio Aldina la prima persona ad essere a conoscenza del desiderio di sposarci, prima ancora dei nostri genitori. Era settembre e, dopo avere preparato le cose molto velocemente, a gennaio ci sposammo. Al ritorno dal viaggio di nozze trovammo che in realtà il gruppo era già partito anche senza di noi (evidentemente la Provvidenza aveva bisogno di anticipare un po’ le cose) grazie a Pierluigi Baltieri e a Giovanni che già da alcuni giorni erano andati a vivere in Pescherie. In questo modo è iniziato quello che è stato sicuramente il periodo più “forte” della mia vita. La nostra famiglia si può dire sia nata già con due figli adulti, tanto che Vincenzo aveva preso l’abitudine di chiamarmi papà. Mentre Monica continuava il suo lavoro di infermiera all’ospedale di Bazzano, io, dopo avere mandato i miei “figlioli” ai rispettivi lavori mi occupavo dei vari aspetti
della gestione quotidiana di CSC e delle attività del Ponte, anche perché Giovanni, dopo poco tempo, venne mandato dal Ministero della Difesa a svolgere il suo servizio civile in Regione. Per alcuni mesi sono stato quindi l’unico obiettore di Casa Santa Chiara, ma devo senz’altro dire un enorme grazie a tutti quelli che mi hanno aiutato in questo periodo, soprattutto a Pierluigi Baltieri, che allora non aveva ancora nessun incarico “ufficiale”, e più tardi a Pierluigi Ribani, che avrebbe poi preso il mio posto all’interno del gruppo famiglia; e devo dire che sono stati entrambi molto più bravi e utili di me, perché la loro presenza è continuata molto più a lungo
della mia. Al termine del mio periodo di servizio civile, ad ottobre, ho infatti lasciato a loro il compito di continuare il mio impegno, anche perché stavano per avvenire altri grossi cambiamenti nella mia vita: l’arrivo di Federica che sarebbe nata dopo pochi mesi, e il mio ingresso nel mondo del lavoro a fianco dei miei familiari che mi aspettavano con ansia. Resta comunque dentro di me e di Monica un grande e profondo ricordo per tutto ciò che questa esperienza ci ha dato, e speriamo di avere lasciato anche solo una piccola parte di tutto il bene che abbiamo ricevuto.
Alberto Zambelli e Monica Balboni